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ELEZIONI COMUNALI DEL 10 GIUGNO

A tre mesi dalle elezioni politiche del 4 marzo 2018, 6.744.087 elettori sono stati di nuovo chiamati alle urne per rinnovare i consigli di 760 comuni. Il risultato era atteso anche per registrare gli assestamenti provocati dal “terremoto” che ha portato al governo la destra. Per quanto un commento definitivo possa avvenire solo dopo i turni di ballottaggio previsti, nei comuni con più di 15 mila abitanti, il prossimo 24 giugno, alcune tendenze di fondo appaiono ben delineate.
La prima è rappresentata dalla consistente ripresa dell’astensionismo. Infatti, l’affluenza definitiva si è fermata attorno al 61.2 % con un calo di quasi il 12% rispetto al dato del 4 marzo e del 6% in confronto alle precedenti elezioni amministrative. La maggiore partecipazione alle votazioni di tre mesi fa più che un’inversione di tendenza appare piuttosto una parentesi chiusa che non ha cambiato la sfiducia degli elettori nei confronti di un sistema di rappresentanza politica borghese in evidente difficoltà. I futuri consigli comunali saranno inevitabilmente espressione di lobbies locali o di forze politiche che godono di un consenso elettorale limitato o addirittura di risicate minoranze sempre più deboli e incapaci, se mai ne avessero intenzione, di ricucire le lacerazioni che la crisi continua ad approfondire.
Le destre sono in netta ripresa con un incremento, stimato dall’Istituto Cattaneo, l’agenzia di “rating elettoral-politico” che va per la maggiore, del + 5%, rispetto alle politiche e del + 15% in confronto con le comunali del 2013. Il successo della destra avvantaggia la componente più eversiva della Lega. Diversi sono i fattori che hanno giocato a favore della formazione di Salvini: la maggiore esperienza politica e manovriera del partito dotato di maggiore “anzianità” tra quelli sopravvissuti; la presenza di una base sociale di partito organizzata e stabile per quanto composita; l’immagine mediatica del suo leader che ha avuto facilmente ragione di un antagonista tanto più sorridente e quanto più inconcludente come Di Maio; lo specchietto per le allodole della ventilata abolizione della famigerata legge Fornero; la formidabile rendita di posizione della xenofobia e della guerra tra poveri, carte-jolly che Salvini ha calato e continua a giocare ad libitum perché prive di consistenti ricadute economiche e, come tale, in grado di non intaccare i conti pubblici, quindi di non scontentare veramente né la UE né gli organismi finanziari internazionali.
La zecca leghista si è accomodata tra i morbidi peli dei micioni forzitaliota e pentastellato e ne ha risucchiato una buona dose di voti. In particolare, il misero risultato del M5S non può essere certamente spiegato con la cronica debolezza nelle elezioni locali. È evidente che l’accordo di governo è stato, per motivi diversi, mal digerito dall’elettorato reale dei grilletti che non coincide certo con quello virtuale della sua platea digitale. Se i leader avevano promesso di non andare mai al governo con altri partiti politici e di non confondersi con i corrotti e con i loro amici, ebbene Di Maio e soci avranno, negli alleati che si sono scelti, ampia facoltà di dimostrare la loro coerenza politica e di princìpi. Il dato di fatto è che, rispetto al 4 marzo, mancano ai grilletti qualcosa come 21 punti percentuali (!!) e, nei due Municipi III e VIII di Roma Capitale, che contano 289.560 elettori, i loro candidati sono finiti fuori gioco. Da qualsiasi lato si giri il risultato, questo rimane il giudizio severo che i romani hanno dato sugli ormai due anni di infruttuosa amministrazione Raggi. Insomma, il preteso non essere né di destra né di sinistra si sta risolvendo in un non essere più niente: il nulla della terza repubblica.
La ripresa dell’astensionismo e l’avanzata delle destre hanno ulteriormente ridimensionato il PD renziano che limita i danni in alcune situazioni locali come, per esempio, Brescia o Fiumicino solo grazie a candidature forti. Rispetto al 2013, il partito perde 98 mila voti, ma recupera posizioni rispetto al tracollo del 4 marzo.
La sinistra si è presentata inevitabilmente frammentata, ripiegata su se stessa e divisa o addirittura assente, come è avvenuto in circa la metà dei comuni. Non sono stati fatti passi in avanti per superare una situazione di stallo, di personalismi, di microconflittualità e di ampi margini di ambiguità politica che purtroppo permangono.
Nella provincia di Novara, erano chiamati alle urne circa 12 mila elettori nei comuni di Ameno (sindaco Noemi Brambilla con il 65,6% dei voti), Boca (Flavio Minoli, 53,9%), Landiona (Morris Manica, 46,9%) e Miasino (Giorgio Cadei, 60,5%). Nel VCO, si è votato per il rinnovo dei comuni di Bognanco (Mauro Valentini, 70,3%), Calasca Castiglione (Silvia Tipaldi, 54,5%), Cesara (Gian Carlo Ricca, 94,1%), Gignese (Luigi Motta, 53,4%) e Villadossola (Bruno Toscani, 42,4%). In Valsesia, erano interessati i 6.900 abitanti dei comuni di Alto Sermenza (Giuliana Marone, 80%), Cellio con Breia (Daniele Todaro, 77,4%), Pila (Enrico Cottura, 100%), Scopello (Andrea Gilardi, 63,3%) e Serravalle Sesia (Massimo Basso, 46,5). Si è votato per il rinnovo dell’amministrazione comunale anche a Lenta (Giuseppe Rizzi, 73%). Dimenticati i disastri di Cota, la Lega, vincitrice del confronto, ha lanciato la campagna elettorale per la riconquista di Palazzo Lascarsis a Torino e del palazzo municipale di Vercelli.
Due note conclusive. La prima riguarda l’estrema destra nazi-fascista. Non è stata ammessa alle elezioni la lista nazista del NSAB-MLNS, il cui ricorso è stato respinto dal TAR. Questo dimostra come le istituzioni democratiche nate dalla Resistenza abbiano tutti gli strumenti per contrastare l’infiltrazione neonazista su questo terreno e ci sarebbe da chiedersi come mai non siano stati utilizzati nei precedenti turni amministrativi. Casapound, che era riuscita a presentarsi a Landiona, non ha avuto nessun voto.
La seconda annotazione riguarda il buon risultato della lista Progetto Boca, una lista civica nata dalla lotta della popolazione per la tutela dell’ambiente col proposito di riportare il paese alle sue tradizioni di partecipazione democratica dopo una paralisi che, per lunghi anni, ha bloccato la normale attività amministrativa.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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