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LA SCUOLA DI FANTASIA DI GIANNI RODARI

Quest’anno si festeggia il centenario della nascita di Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920) e si ricorda il quarantesimo della scomparsa (Roma, 14 aprile 1980)

 

di Marco Travaglini

 

Universalmente riconosciuto come uno dei più importanti scrittori per l’infanzia del XX secolo, nacque nel capoluogo cusiano, sulle rive al Lago d’Orta dove i genitori, originari della Val Cuvia nell’entroterra della sponda lombarda del lago Maggiore, si erano trasferiti per lavoro. Nasceva in casa, in via Mazzini, una delle vie principali di Omegna, dove il padre, il fornaio Giuseppe Rodari, svolgeva la sua attività e la madre, Maddalena Aricocchi, lo aiutava.

Così Rodari ricordò il padre, morto nel 1929, quando il piccolo Gianni non aveva nemmeno dieci anni: «La parola ‘forno’ vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un’impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e si chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti. L’ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di broncopolmonite. A quei tempi non c’era la penicillina».

In seguito alla prematura scomparsa del padre, la madre si trasferì con i due figli (il fratello Cesare era nato nel ’21) a Gavirate, in provincia di Varese, dove Rodari frequentò la quinta elementare e proseguì gli studi frequentando l’istituto magistrale a Varese. Nonostante l’infanzia segnata da quel lutto, Rodari seppe «lavorare di fantasia», diventando un grande scrittore, giornalista e poeta. Tra i suoi tanti libri c’è anche “Scuola di Fantasia”, pubblicato postumo con l’introduzione di Mario Lodi, uno dei grandi pedagogisti, scomparso nel 2014, che hanno ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie. I testi raccolti nelle due parti di questo libro (la prima, dedicata a bambini, genitori e professori; la seconda al rapporto tra bambini, libri e scrittori) rappresentano i contributi più significativi — risalenti agli anni dal 1966 al 1980 — di Gianni Rodari dove vengono espresse, in modo semplice e chiaro, le sue idee e le sue riflessioni sull’universo formativo, sul rapporto educativo adulti-bambini, sui processi e sulle finalità della formazione delle nuove generazioni.

«Un bambino, ogni bambino, bisognerebbe accettarlo come un fatto nuovo, con il quale il mondo ricomincia ogni volta da capo», scriveva Rodari, accompagnando le sue riflessioni con tante proposte concrete per restituire all’immaginazione, grazie al potere liberatorio della parola, lo spazio che le compete nella vita dei propri figli. Nella seconda parte del libro è particolarmente interessante la classifica che Rodari stila (in nove punti) riferendosi ad alcuni discutibilissimi sistemi che possono far nascere nei bambini «una nausea inestinguibile verso la carta stampata». Lo scrittore omegnese li indicava «piuttosto alla buona , ma non senza convinzione». Vale la pena di trascriverli (e di farne tesoro). Eccoli:

  1. Presentare il libro come una alternativa alla Tv (I bambini trovano divertente e utile rimanere davanti alla televisione, i cui meriti educativi superano gli immancabili demeriti e si ritiene che negare un’occupazione, sentita come piacevole, sia un modo per gettare sulla diversa attività proposta un’ombra di fastidio e di castigo)
  2. Presentare il libro come una alternativa al fumetto (Non essendoci un rapporto di causa e effetto tra la passione per i fumetti e l’assenza di interesse per le buone letture, è evidente che tale interesse deve nascere da qualche altra parte, dove le radici dei fumetti non arrivano)
  3. Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più (Non si può chiedere ai ragazzi di amare un passato che non è il loro)
  4. Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni (Sono la società, la famiglia e la scuola a dover organizzare il tempo libero dei ragazzi, offrendo biblioteche ricche e invitanti…)
  5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura (Dare la colpa ai bambini oltre che facile è comodo, perché serve a coprire le colpe proprie… Necessitano “divulgatori” di qualità, che sappiano suscitare la curiosità cognitiva dei ragazzi…)
  6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura (Determinati compiti assegnati dalla scuola, quali, per esempio: trascrivere pagine, riassumere, mandare a memoria, descrivere le illustrazioni, trasformano il libro in uno strumento di fatica, perché tali esercizi moltiplicano le difficoltà della lettura, anziché agevolarla e, così, non nasce il bisogno culturale della lettura)
  7. Rifiutarsi di leggere al bambino (La voce di un genitore e dell’insegnante fa una funzione insostituibile. Necessitano pazienza e abilità: occorre saper leggere con espressione e con entusiasmo)
  8. Non offrire una scelta sufficiente (È indispensabile l’allestimento di una bibliotechina personale, o collettiva, ricca e aggiornata)
  9. Ordinare di leggere (La tecnica della lettura si può imparare “a scapaccioni”; ma l’amore per i buoni libri non è una tecnica, è qualcosa di più interiore e legato alla vita e non s’impara con le maniere drastiche e contestabilissime).

Il geniale inventore della “Grammatica della fantasia” in questa una raccolta di articoli, saggi e interventi, pubblicati lungo l’arco di oltre vent’anni, suggeriva idee, proposte, percorsi per restituire all’immaginazione e al potere liberatorio della parola, lo spazio che compete loro nella vita di tutti, grandi e piccini. Che cosa farebbe un bimbo se avesse a disposizione un telecomando magico con cui spegnere le persone e spostarle nello spazio? Quali sono i nove modi in cui gli adulti finiscono per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura? Che dire di più? L’immaginazione (o la fantasia, che i fondo sono più o meno la stessa cosa) contribuisce in modo notevole a disinibire la mente, a farla uscire dagli schemi precostituiti, aprendo la strada alla creatività. Una grande lezione di quell’omegnese straordinario che fu il “maestro” Rodari.

 

 

 

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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