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Accanto a quello di donne, bambini e uomini che fuggono da guerre, fame, crisi economiche e disastri ambientali, si sta ingrossando un altro flusso migratorio: quello dei migranti di partito che sempre più numerosi, dalla Lega e da Forza Italia, cercano sui loro barconi un porto sicuro in Fardelli d’Italia. Quanto drammatica e dolorosa è la posizione dei primi, tanto penosa e buffonesca è la condizione dei secondi. Gaetano Nastri, il leader novarese di FdI, accogliendo con soddisfazione l’ultimo sbarco, quello del consigliere comunale cittadino, l’ex forzitaliota Marco Gambacorta, si è schermito dichiarando di non aver fatto alcuna campagna acquisti. «Insomma arrivano da soli come mosche attratte dal miele» commenta con gentilezza un opinionista on line. Tuttavia, esistono due tipi di mosche: quelle della frutta, che condividono coi moscerini il piacere delle sostanze zuccherine, e quelle domestiche che, con i mosconi e gli scarabei stercorari, prediligono ben altri profumini. A quale delle due categorie appartengano i nuovi arrivati poco importa. Le masse oceaniche che inneggiavano al fascio si sono squagliate nello spazio di poco tempo e, all’atto dell’insurrezione del 25 aprile, ne è rimasto solo qualche rigagnolo maleodorante. Oggi, basta provvedersi di un buon flit antifascista.

La specie umana è per natura nomade e da dove provenissero i primi abitanti dell’Italia poco si sa. Si dice che molti fossero indoeuropei o che gli etruschi venissero dalla Lidia, ma è certo che la penisola fu colonizzata prima dai fenici, semiti, e poi dai greci, senza contare le diverse popolazioni celtiche o galliche che si accomodarono tra le Alpi e il Rubicone. L’imperialismo romano fece dell’Italia la destinazione sia dei provinciali ricchi sia degli schiavi che in gran numero provenivano dal Mediterraneo, dall’Asia, dall’Africa settentrionale e dal nord dell’Europa. Quando l’impero entrò in crisi, arrivarono i cosiddetti barbari, seguiti da longobardi, bizantini, normanni, ungari, franchi, tedeschi, angioini, aragonesi, arabi e, dopo il medioevo, da francesi, spagnoli, svizzeri, lanzichenecchi, turchi, barbareschi, austriaci, ungheresi, croati, africani delle colonie e, con la seconda guerra mondiale, non hanno mancato di lasciare i segni del loro passaggio persino le truppe degli alleati. Tutti, chi più chi meno, hanno generato figli e mescolato il loro DNA, le loro lingue e le loro culture con i residenti. I dominatori si sono uniti con i potenti e i poveri con gli sfruttati. Dove sia l’identità e la purezza etnica dell’Italia di cui tanto si dice non si sa, ma è certo che il nazionalismo e il fascismo di ieri e di oggi hanno raccolto il peggio di questo multicolore passato e di questo grigio presente.

Diffondiamo il comunicato dell'Istituto nazionale Parri:

« In merito alle dichiarazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa l’Istituto nazionale Ferruccio Parri – Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea -, per rispetto alla verità storica, dichiara: - L’ attacco partigiano di via Rasella fu un legittimo atto di guerra condotto contro una pattuglia di poliziotti altoatesini appartenenti al terzo battaglione Bozen. - Il Polizeiregiment Bozen comprendeva tre battaglioni, si era formato nel settembre 1943, subito dopo che i Tedeschi, a seguito dell’armistizio, avevano costituito l’Operationszone Alpenvorland, (Zona di Operazione delle Prealpi), che comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano. - La maggior parte dei suoi membri, a seguito della opzione del 1939, avevano preso la cittadinanza tedesca. - Il battaglione Bozen non era una banda musicale ma un battaglione di polizia armato di pistole mitragliatrici e bombe a mano, che stava ultimando il suo addestramento. - L’età media dei componenti era sui 35 anni (avevano un’età dai 26 ai 42 anni), quindi certamente non delle giovani reclute ma neppure dei semi pensionati. - È bene ricordare che gli altri due battaglioni del reggimento Bozen erano stati subito impiegati in funzione anti-partigiana in Istria e nel Bellunese, dove si erano resi autori di stragi. - Il battaglione oggetto dell’attacco di via Rasella è stato successivamente impiegato in Italia in funzione anti-partigiana. - A seguito dell’attacco i Tedeschi fucilarono alle Fosse Ardeatine 335 fra antifascisti, partigiani, ebrei, detenuti comuni. Le liste furono compilate con l’aiuto della Questura di Roma. L’ordine di fucilazione fu eseguito prima della pubblicazione del comunicato emanato dal comando tedesco della città occupata di Roma alle 22,55 del 24 marzo 1944. - Per tale atto il Questore di Roma, Pietro Caruso, fu condannato a morte dall’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo. La sentenza fu eseguita il 22/9/1944.

Milano, 1 aprile 2023

Il Presidente Paolo Pezzino con tutti gli organi direttivi, i collaboratori e le collaboratrici dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri Rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea»

EL BLOQUEO VIOLATO: L'AMICIZIA TRA I POPOLI NON HA CONFINI

Pubblichiamo il commento dell'Associazione nazionale di amicizia Italia-Cuba del 24 scorso sul grottesco tentativo degli USA di contrastare l'arrivo dei medici cubani in Calabria:

«Assurda intromissione degli Stati Uniti negli affari interni italiani sul caso dei medici cubani in Calabria.

CATANZARO Gli Stati Uniti hanno chiesto spiegazioni sull’arrivo dei medici cubani in Calabria. A rivelarlo è il “Corriere della Sera” nell’odierna edizione online. Secondo il “Corriere della Sera” la richiesta di chiarimenti è arrivata al presidente della Regione e commissario della sanità calabrese Roberto Occhiuto attraverso il ministero della Salute nel corso della verifica del Tavolo Adduce che si è svolto ieri: la diplomazia statunitense avrebbe evidenziato l’esigenza di capire le modalità di assunzione, a tempo determinato, dei professionisti e la loro retribuzione, in pratica l’esigenza di sapere se il contratto di lavoro fosse stato sottoscritto con l’agenzia cubana “Comercializadora de Servicios medicos cubanos” oppure direttamente con i medici caraibici, temendo che dalla Calabria potesse partire un finanziamento indiretto a Cuba. Il “Corriere della Sera” comunque riporta anche il commento dello stesso Occhiuto: «La preoccupazione degli americani era essenzialmente dovuta all’ipotesi che potesse essere stato superato l’embargo con Cuba. Noi paghiamo i medici cubani per un “arruolamento” di due anni e non la società. La loro retribuzione è di 4.700 euro lordi mensili. I loro curriculum – prosegue Occhiuto – sono stati vagliati dal Consolato italiano a Cuba che li ha esaminati con attenzione, prima di dare il nullaosta al trasferimento temporaneo, in Italia». I rapporti tra il Consolato americano e la Regione Calabria «sono ottimi» e «c’è continuamente uno scambio di idee e rapporti d’amicizia, molto saldi», dice ancora Occhiuto.»

Con l’incalzare dei venti di guerra, il militarismo rialza la testa. Ne abbiamo quotidiana prova con la propaganda bellica a cui sono asserviti mass media e giornalisti embedded, col ritorno di quelle funeste ideologie nazionaliste e imperialiste che già aprirono le porte ai conflitti mondiali del Novecento, con la rivalutazione del ventennio fascista e del nazismo, col rilancio del culto dei corpi dell’esercito, come quello degli Alpini, la cui partecipazione a fianco dei nazisti all’invasione dell’Ucraina e la cui tragedia di Nikolaevka sono stati santificati da una recente legge dello stato democratico, nato dalla Resistenza. Poteva essere di meno l’aeronautica militare italiana, arma letale contro gli innocenti, gli indifesi, le popolazioni civili, l’arma principe del fascismo, fortemente voluta e creata da Mussolini cento anni fa e posta sotto il suo diretto controllo?

Così volano in un cupo cielo di guerra i festeggiamenti del secolo aviatorio e il loro rimbombo richiama alla memoria i sibili delle bombe su Coventry, sopra Dresda, Amburgo e Berlino, sul quartiere romano di San Lorenzo, sopra Milano, Torino e Genova. Su Hiroshima e Nagasaki: tra 150 e 246 mila vittime. Come se tutto ciò non fosse orrore, vengono rispolverati i primati aeronautici dell’ala littoria, tirando fuori dalla naftalina nomi e divise di gerarchi sepolti nella storia, quasi fossero state entusiasmanti gare sportive, acrobatiche e non le prove generali degli imminenti massacri. Vengono magnificati i progressi tecnologici dell’industria aeronautica italiana come se fossero stati espressione di un presunto “genio” italico e non di precisi interessi politici ed economici. Si rispolverano i miti del volo, quelli di Francesco Baracca, perpetuato dal cavallino rampante della Ferrari, oppure del futurismo e di D’Annunzio. Fortune e sfortune: il primo perse la vita, il “vate” invece ci rimise un occhio. Gli aerei da guerra e i piloti militari italiani ebbero anche altri “primati”. Per esempio, furono i primi, nella guerra italo-turca del 1911, a impiegare l’aviazione in operazioni di guerra. Poi vennero le teorie di Giulio Douhet sull’uso dell’aereo contro la popolazione civile per spargere terrore e confusione, la partecipazione al bombardamento di Guernica, il bombardamento di Barcellona (1.300 morti e duemila feriti), l’impiego del “gas mostarda”, l’iprite, in Etiopia, fino a giungere ai Tornado delle guerre dei Balcani e del Golfo. A cento anni dalla creazione da parte del fascismo dell’aviazione militare, il nostro ricordo va alle innumerevoli vittime incolpevoli di questo secolo insanguinato. Il nostro impegno internazionalista rimane per l’unità dei popoli e dei proletari contro la guerra per un cielo senza bombe e senza confini.

Gianluca Buonanno nel 2015 in Libia

Dopo la recente sconfitta elettorale, aveva intonato la ribeba della riscossa, promettendo di «stringerci per il partito» e di «sfruttare tutte le occasioni valide per far crescere le nostre valli». E non si può certo dire che manchi di fantasia. Infatti, a partire dal prossimo 22 marzo, decollerà il «corso gratuito di autodifesa per persone dai 16 ai 65 anni residenti a Quarona» offerto dal locale sindaco leghista. Basta con le lamentele e inutili manifestazioni: qui ci vogliono robuste pedate e sonori schiaffoni! Però, che siano… «educativi». Così è scritto su di un paginone di giornale. Il sindaco, che ci mette la faccia e vi compare a mezzobusto con tanto di fascia tricolore, avverte che la violenza sarà indirizzata «contro squadristi anarchici» e contro «tutti i totalitarismi, le anarchie e le delinquenze». Pare infatti che i valsesiani non abbiano altri problemi e non ricevano ogni giorno gli schiaffi della disoccupazione, del lavoro nero, dello sfruttamento, della devastazione ambientale, della povertà, né che le famiglie proletarie non ce la facciano più, che il sistema sanitario sia allo sbando e via cantando. La valle sarebbe un paradiso se non ci fossero tutti quegli squadristi! Il che non è del tutto falso. Infatti, cento anni fa, a Quarona operava una delle più sanguinarie squadracce fasciste, il branco dei cosiddetti “lupi della Valsesia”. Quanto agli anarchici, in Valsesia, venivano mandati al confino, come il povero Pietro Calcagno, un fornaio di Fontanetto Po, morto poi a Roma nel 1906. Infine, numerose furono le belve del totalitarismo, i nazisti e i loro servi della Tagliamento e delle brigate nere che, tra il 1943 e il 1945, insanguinarono quelle montagne e la stessa Quarona e che furono cacciati dai garibaldini con mezzi più persuasivi dei ceffoni e dei calci. Insomma, la gagliarda schiera dei rudi sindaci-sceriffo conta una nuova recluta scalpitante per conquistare lo scranno dell’ex deputato Paolo Tiramani. Non è difficile scorgere dietro a tanta volgarità del potere la scuola del fu europarlamentare valsesiano Gianluca Buonanno, solito esibirsi con pistole e fucili mitragliatori e a snocciolare una serie infinita di gag, trovate e sceneggiate destinate, ieri come oggi, a riempire le pance di fan e follower ma anche a mascherarne l’abissale vuoto civile, morale e politico.

29 e 30 ottobre

Boleto di Madonna del Sasso

P R O P O S T A C O M U N I S T A     I N V I T A    A ROSSO D'AUTUNNO A BOLETO

SABATO 29 OTTOBRE

ore 15.00: inizio | incontro con visita e offerta floreale ai cippi partigiani

ore 16.00: incontro “Guerra e Pace oggi come ieri prima la Pace” con esponenti di

Verdi, Sinistra Italiana, Pci e movimenti del Verbano Cusio Ossola

Ore 18.00/18.30: incontro “Dopo il voto che fare” con rappresentanti di Sinistra

Italiana, Verdi, Pci, Proposta Comunista

Ore 20.00: cena “Autunno d’autore” con gli chef Roberto e Mario

[cappelletti in brodo fatti in casa e bollito misto piemontese, formaggio, acqua vino caffè €15]

Ore 21.30: momento musicale insieme

DOMENICA 30 OTTOBRE

ore 9.00: visita e offerta floreale ai cippi partigiani

ore 10.00: visita al museo degli Scalpellini

ore 11.00: incontro “Che Terra lasciamo ai nostri figli” con esponenti movimenti, associazioni e

partiti

Ore 12.30 Pranzo “Colori e sapori d’un rosso autunno” con gli chef Roberto e Mario

[panissa e fritto misto piemontese, formaggio, acqua, vino, caffè e dolce €20

Ore 15.00 incontro “Cuba la nostra solidarietà” con G.Luca Prada, coordinatore solidarietà di

Proposta Comunista di ritorno da Cuba, con Amanda Rodriguez Gonzales, studentessa ingegneria

chimica

Ore 16.30 conferenza “La nostra Storia, il nostro Futuro” di Angelo Vecchi, storico.

A seguire brindisi finale di saluto.RICOMINCIAMO DA NOI

Il gioiello americano liberista si risveglia con la protesta popolare. Panama e la sua città capitale, il gioiello dell’America liberista e liberale agli occhi dei visitatori occidentali, si è ritrovata, nel mese di luglio e nell’appena trascorso mese di agosto, per la prima volta, bloccata da scioperi imponenti di dimensioni massive mai viste nella storia del Paese centro americano. A scendere in piazza sono stati studenti, docenti, medici, operai e contadini e comunità indigene bloccando la Carretera Interamericana, la principale arteria di comunicazione della America Centrale. La situazione del paese è grave. Vi sono stati aumenti insostenibili dei prezzi di generi alimentari, medicinali, carburanti; lo sfruttamento indiscriminato del territorio e delle sue risorse da parte delle multinazionali; una corruzione e clientelismo sistemico del governo in carica dal 2019 di Laurentino Cortizo. Eppure questa “oasi dorata” della dorsale andina risulta ancora dai dati economici in crescita, dovuta anche al totale controllo del canale di Panama avvenuto nel 1999. La società si fonda su una profonda e strutturata frattura fra la classe dell’élite economiche internazionali e la popolazione locale. Sotto l’egida opprimente e onnipresente degli USA, i governi panamensi vassalli hanno costruito un modello di autofinanziamento basato sulla trasformazione del sistema bancario in un paradiso fiscale, e sul progressivo e intenzionale deterioramento delle istituzioni statali aumentando il divario fra ricchi e poveri. Il paese è divenuto un centro di accumulo di ricchezze per l’élite economiche che hanno una caratteristica: non sono latifondisti di discendenza coloniale, ma sono arrivate dall’Europa e dagli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. È il capitale straniero a governare il paese e lo stato servile lo favorisce e sostiene attraverso appalti, agevolazioni fiscali e leggi sul lavoro che garantiscono lo sfruttamento e la rapina delle risorse naturali. A luglio, hanno iniziato la protesta i docenti della scuola a cui era stata negata da parte del governo l’applicazione della legge 47 che prevedeva di destinare all’istruzione il 6% del Pil. Dopo 72 ore di sciopero degli insegnati, si sono uniti diversi settori sociali protestando contro il caro vita e l’aumento delle medicine. Il salario medio a Panama varia fra i 300 e 350 dollari. Poi, dalla metà di luglio, sono scesi in piazza e nelle strade della capitale i movimenti indigeni con rivendicazioni specifiche contro i latifondisti e le multinazionali straniere. Dalla regione del Darien al confine con la Colombia, si sono mosse le comunità Gunadule e Embera contro la deforestazione selvaggia. Dalle montagne ad ovest del paese, sono giunte le popolazioni Ngobe contro le multinazionali del settore idroelettrico che, con i loro progetti, mettono a rischio la sopravvivenza delle comunità. Con la loro lotta hanno smascherato il sistema di connivenze e corruzione fra le multinazionali dell’idroelettrico e il potere governativo che ha tolto per legge qualsiasi vincolo di protezione ambientale. Il caso Odebrecht – il più grande scandalo di tangenti dell’ultimo decennio in America Latina con indagato il presidente della Repubblica Riccardo Martinelli – aveva messo in evidenza un sistema ben oliato e funzionante che ancora oggi non è stato sradicato. La mobilitazione indigena ha dato un impulso importante per il proseguimento della lotta anche nel mese di agosto. La risposta del governo, il PRD che è al potere dal 2019, non si è fatta attendere. Bastone e carota come nella più grave e drammatica consuetudine dei paesi capitalisti del continente americano. Decine di feriti e apertura di trattative con i dimostranti che hanno ottenuto di calmierare i prezzi dei generi alimentari, delle medicine e della benzina. In cambio, la protesta ha momentaneamente liberato dai blocchi la Carretera Interamericana. Mesi di fuoco nella vetrina liberista del centro America, dove crescono disuguaglianze, povertà e sfruttamento grazie al peso degli Usa. Dopo la dittatura di Manuel Noriega dal 1983 al 1989 sostenuta sempre dagli yankee, dopo quegli anni di terrore e pesanti violenze ci furono silenzio, paura e sottomissione. Ma qualcosa covava sotto l’apparente tranquillità. Ora i palazzi e i grattacieli di Panama city sono circondati dai manifestanti delle periferie che hanno rialzato la testa. Il popolo di Panama si risveglia, protesta e lotta. Con la speranza che non sia solo un’estate di forti manifestazioni e scioperi, ma l’inizio di una vera rivoluzione sociale e politica che ridia dignità al popolo e a un continente intero.

Alfredo Perazza

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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