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La vergogna poco nascosta del nostro lusso. Un comparto economico importante per la ex Birmania e per la giunta militare al potere con il colpo di stato del 24 febbraio 2021, è il settore tessile e abbigliamento. Nelle aree industriali del paese asiatico, aziende a prevalenza di capitale cinese, con apporti di quello thailandese, birmano e indiano, lavorano per 61 brand europei della moda e del lusso, pagando regolarmente le tasse alla giunta militare golpista. La UE conosce perfettamente la situazione. Le commesse arrivano da Adidas (Germania), Zara e Bershka (Spagna), C&A (Paesi Bassi), Only e Ver Moda (Danimarca), Kiabi (Francia), Primark (Irlanda) HeM (Svezia). Non mancano i brand italiani, quali OVS, abbigliamento uomo, donna e bambino (pare abbia annunciato il suo ritiro dal paese); Proxima, abbigliamento protettivo; Love Moschino, abbigliamento e accessori; e Liu Jo, abbigliamento, scarpe, borse donna ecc, che invece rimangono candidamente a fare i loro sporchi interessi con le produzioni affidate alla Hesheng Myanmare. Solo due aziende italiane Benetton e Geox hanno da tempo lasciato il paese. Sporchi interessi del lusso europeo in un paese che ha militarizzato le aree industriali del settore tessile, dove è imposta la legge marziale e chi si azzarda a protestare viene denunciato e processato al tribunale militare. Naturalmente nell’indifferenza e compiacimento dei marchi occidentali. I sindacati sono fuori legge e sui dirigenti pende il mandato di cattura. Tutte le organizzazioni solidali con i lavoratori sono clandestine. Le condizioni nelle fabbriche sono di schiavitù: almeno 60 ore settimanali, straordinari obbligatori e spesso non retribuiti, e con € 1,78 al giorno, il tutto giustificato con «meglio schiavo che disoccupato».  I diritti delle lavoratrici e dei lavoratori birmani non sono certo nell’agenda della Commissione europea, pronta a sanzionare tutti, ma non a interrompere le preferenze commerciali a favore del Myanmar e della sua giunta attraverso gli accordi SPG e EBA. Evidentemente interessa di più salvaguardare i profitti dei “nostri” brand del lusso, piuttosto che la vita di milioni di lavoratrici e lavoratori birmani. Il Parlamento europeo, a dire il vero, a larghissima maggioranza aveva votato la sospensione di quegli accordi, ma la burocrazia europea è talmente lenta che quella deliberazione non è mai divenuta operativa. Miracoli del lusso. Allora la UE ha sanzionato 65 persone vicine o componenti della giunta militare, congelando i loro beni. Effetti, zero. Nessuna ricaduta sul comparto tessile. Invece a dir poco scandaloso e vergognoso il comportamento, certamente per interesse e complice dello schiavismo, dell’ambasciatore UE in Myanmar l’italiano Stefano Sannino. Infatti contraddicendo le decisioni seppure formali della UE, ha fatto pressioni su un marchio spagnolo affinché non lasciasse il paese. Inoltre, non contento, Sannino ha attaccato pubblicamente le iniziative di protesta degli attivisti per i diritti sindacali in Myanmar contro i brand della moda tenutesi recentemente a Londra. Il silenzio della UE è assolutamente evidente. La consegna è non nuocere ai padroni e ai militari, garantendo il profitto dei brand del lusso. Da più parti del paese sono giunte denunce documentate di abusi, violenze fisiche e psicologiche ai danni delle donne e degli uomini e della loro condizione di schiavi del telaio nelle industrie del tessile e dell’abbigliamento. Nel XXI secolo, nel nostro luccicante mondo occidentale, non interessa lo schiavismo, la distruzione dell’essere umano, delle lavoratrici e dei lavoratori. L’importante è conservare e aumentare il profitto. Quando riusciremo a far conoscere e denunciare queste disumane condizioni di sfruttamento, forse potremo sperare nella ripresa delle coscienze e della solidarietà di classe fra i lavoratori di tutto il pianeta.

Alfredo Perazza

Si vota il 4 settembre per la nuova Costituzione. Il «rechazo» (rifiuto) della nuova Costituzione nei sondaggi sopravanza l’«apruebo» (approvo) oramai da qualche mese, seppur nell’ultima settimana vi sia un recupero dei Sì. Il divario però rimane importante. In Cile è da ormai un decennio, con il consolidarsi del processo democratico, che la società civile chiede di togliere la costituzione fascista di Pinochet del 1980, più volte modificata, ma ancora in vigore. Il 2019 fu un anno di imponenti manifestazioni di protesta in Cile, obbligando il Parlamento a trovare un accordo, firmato il 15 novembre, che ha posto le basi per l’inizio del processo di una nuova Costituzione. Il popolo cileno ha avviato il percorso per una nuova Carta con un plebiscito all’80% dei consensi favorevole alla realizzazione della nuova Carta nell’ottobre del 2020 e con l’elezione di 155 delegati, la Convenzione, deputati a scrivere la Costituzione, premiando candidati indipendenti lontani dalla casta politica e castigando le forze di destra pur presenti nella Convenzione. La reazione del potere e della reazione è stata da subito pesante. I delegati dei partiti tradizionali vicini al centro sinistra, Fruente Amplio, Partito Socialista legati alla ex Concertacion, favoriti dalla norma della necessità di approvare gli articoli con il 75% dei voti, si sono coalizzati con la destra per bocciare le proposte della sinistra radicale e sociale che, seppur con la maggioranza relativa, non venivano approvate. Lo scontro nella Convenzione e nel paese ha assunto toni sempre più accesi e aspri. I contrari a una Carta innovativa proposta dalla sinistra hanno avviato una campagna di discredito, di fake news, la classica propaganda falsa, usufruendo di voltafaccia di personaggi come l’ex presidente democristiano Frei, passato con i “rechazo”, a dispetto del suo partito e di contradditorie e ambigue prese di posizione dell’ex presidente socialista Lagos. I poteri forti che gestiscono e controllano l’informazione in Cile, un duopolio, hanno alimentato una campagna di fake news che vanno da: «la nuova carta ti porta via la casa» ad altre pesanti falsità a cui i promotori dell’“apruebo”, stentano a rispondere. La situazione sociale è peggiorata e il governo di sinistra di Boric che sostiene la Carta, salutato come una ventata di novità e di cambiamento, perde colpi e pezzi. Si sa, le difficoltà aiutano e molto ad andare dove tira il vento. I sostenitori della Carta in queste ultime settimane sono impegnati ad andare nei territori, nei quartieri e nei borghi per recuperare rapporto con il popolo spiegando le innovazioni anche importanti della nuova Carta in votazione il 4 settembre. Una Carta progressista, la prima al mondo scritta da una Convenzione con parità di genere, che si definisce ecologica, elaborata nel contesto del cambiamento climatico mondiale, che riconosce la natura come soggetto con diritti, che trasforma il Cile in uno stato sociale plurinazionale, con specifici diritti ai popoli indigeni, che pone le basi per l’aborto, la scuola e la sanità pubblica. Un paese, il Cile, con ancora molta nostalgia per Pinochet, con l’aquila imperialista americana sempre in agguato e molte contraddizioni. Solo l’approvazione di una nuova Costituzione può dare una svolta al paese. Il 4 settembre 2022, potrebbe diventare una data storica non solo per il Cile, che può liberarsi dell’ombra di Pinochet, ma anche per tutta l’America Latina che così dimostrerà di riuscire a fare i conti con il suo passato tragico e doloroso.

Arriveranno a giorni 497 medici cubani in soccorso dell’ormai cronico fallimento della sanità calabrese. Il Presidente della regione calabra ha stipulato un accordo con il Ministero della salute Pubblica della Repubblica Socialista di Cuba per usufruire della professionalità e capacità dei medici cubani al fine di garantire almeno il minimo indispensabile di quello che rimane del disastro del sistema sanitario in Calabria, con la non tanto nascosta speranza di un miglioramento del servizio grazie al loro aiuto. Stiamo parlando della regione di un paese l’Italia membro del G7, club dei paesi più ricchi del mondo, fondatore dell’Europa. Eppure si è dovuto dopo anni di clientelismo, tangenti, corruzione, commistione degli enti pubblici e della politica di tutti i partiti con la malavita; di incapacità organizzative e programmatiche chiedere infine alla piccola, povera e sottosviluppata Cuba – in questo modo l’Occidente giudica l’isola caraibica – di affrontare l’emergenza sanitaria in Calabria. Come mai si fa ricorso ad un “regime comunista” come dite voi signori, per salvare la vita dei cittadini calabresi?

Quella piccola caparbia nazione che gli yankee cercano di strangolare da oltre 60 anni di embargo senza riuscirci, ha sviluppato un sistema economico e sociale, pur con tutti i limiti e le difficoltà, per l’uomo e le sue esigenze al centro della politica e non il mero profitto speculativo, anche sulla salute dei cittadini, come avviene nel sistema capitalistico dei “grandi paesi del G7”. Il nostro beneamato e glorificato sistema di vita e di società esporta la democrazia con le guerre, le armi, la violenza e la morte.

La socialista Repubblica di Cuba esporta vita, progresso con i suoi medici, insegnanti, vaccini anti Covid e non solo verso paesi poveri, ma anche verso gli “sviluppati” paesi capitalisti occidentali. Questa è realtà scomoda del socialismo cubano di Fidel, Che Guevara, Raul, Diaz Canel ha dato con enormi sacrifici del popolo cubano a tutto il mondo, da sottacere e denigrare e da attaccare. Quel “regime” comunista come dite voi uomini bianchi con gli occhi azzurri e i dollari in tasca, vi chiede se questo vostro sistema è autenticamente “democratico” e se questa è “la libertà”, di non riuscire a garantire la salute dei cittadini della Calabria. Quel “regime comunista”, come lo chiamate voi lor signori, vi insegna che la democrazia e la libertà è garantire la vita, la salute, l’esistenza dignitosa dei cittadini e il diritto a potersi curare. Dice a tutti noi che un altro mondo è possibile. Vi dice, cari lor signori, pur tra problemi e difficoltà non viene mai meno la solidarietà fra i popoli, anche verso coloro come l’Italia che ingrata ha votato all’ONU a favore dell’embargo yankee all’isola. Il servilismo verso il potente è prerogativa dei nostri governanti. Poi quando siete in braghe di tela cercate l’aiuto di Cuba e dei suoi medici anche di colore, alla faccia dei razzisti nostrani. Lo hanno capito bene i Presidenti di destra di Piemonte e Lombardia durante la pandemia e ora della Calabria. Hanno capito d’aver bisogno dei comunisti cubani per risolvere i loro problemi. Peccato che tantissimi della pseudo sinistra italiana alla sola parola socialismo, comunismo, non solo stortino il naso e abbiano la puzza al naso, ma facciano di tutto per cancellare questa storia, questa realtà. Noi Comunisti sappiamo da che parte stare. Hasta la victoria siempre.       Alfredo  Perazza

 

Nella mattinata di ieri, è scattata un’operazione di polizia che, con arresti, perquisizioni e intimidazioni, ha come scopi quelli di attaccare il sindacalismo di base e di criminalizzare il diritto dei lavoratori di lottare per sopravvivere e di ribellarsi alla condizione di vera e propria schiavitù salariata in cui si trovano in settori come, per esempio, la logistica. Proprio mentre, da pochi giorni, sono stati resi noti i dati che certificano come in Italia, unico trai paesi cosiddetti sviluppati, negli ultimi decenni i salari siano diminuiti (!!!), proprio mentre continua lo stillicidio dei morti sul lavoro, un governo succube e guerrafondaio scatena un’operazione che si propone di smantellare un altro pezzo dei diritti costituzionalmente garantiti. Contro questo attacco gli organismi di base hanno proclamato lo sciopero generale della logistica. Pubblichiamo il comunicato dell’USB nazionale e chiamiamo i lavoratori alla mobilitazione: «Misure cautelari e perquisizioni contro l’Unione Sindacale di Base e le lotte di classe: USB proclama lo sciopero generale della logistica. Giù le mani da USB! Nazionale, 19/07/2022 09:53 - Da questa mattina all’alba è in corso un’operazione di polizia su input della Procura di Piacenza nei confronti di dirigenti sindacali dell’USB e del Si Cobas della logistica. Con ben 350 pagine di ordinanza si costruisce un vero e proprio “teorema giudiziario” sulla scorta di un elenco interminabile di “fatti criminosi” quali picchetti, scioperi, occupazioni dei magazzini, assemblee ecc. Numerosi i dirigenti sindacali posti agli arresti domiciliari e le perquisizioni. ...continua a leggere "GIÙ LE MANI DAL SINDACALISMO DI BASE!"

Si avvicina ferragosto e, come l’esperienza insegna, si avvicina l’ora topica dei trucchi e dei colpi di mano governativi. Per quanto l’estate sia per i proletari più magra e sofferta a causa della guerra, dell’aumento dei prezzi e del peggioramento delle condizioni di vita, il governo Draghi e il ministro Gelmini contano sempre sull’effetto “distrazione” che i mesi estivi portano per far passare sottobanco il progetto di legge della cosiddetta autonomia differenziata. Queste due parole, incomprensibili come tutto il politichese della destra, nascondono una realtà molto semplice: lo smantellamento e la privatizzazione a livello regionale di quello che rimane dello stato sociale, della scuola, della sanità, delle tutele dell’ambiente e del lavoro, della cultura. Un vero e proprio invito a banchetto per amici, corrotti e corruttori, mafiette e consorterie locali, un banchetto imbandito non nei soliti palazzi dei bottoni di “Roma ladrona”, ma anche nei palazzotti dei governi regionali. In questo modo, si vorrebbe nascondere il miserabile fallimento del federalismo legaiolo pagato a caro prezzo dai giovani, dai lavoratori, dai disoccupati e dalle donne. Riteniamo importante mobilitarsi contro questo ennesimo scempio del nostro neoliberismo straccione e proponiamo alla discussione dei compagni la presa di posizione della segreteria nazionale dell’ANPI che riportiamo.

«La Segreteria nazionale ANPI: "Il Ddl sull'autonomia differenziata annunciato dal Ministro Gelmini non rispetta la Costituzione" ...continua a leggere "SPEZZATINO REGIONALE DIFFERENZIATO"

«La carica dei 163» titolava nel 2013 un pamphlet de “Il fatto Quotidiano” che spiegava «Chi sono e da dove vengono i parlamentari eletti con il Movimento 5 stelle». Cinque anni dopo, il 7° cavalleggeri pentastellato era diventato un’armata a cavallo con ben 339 tra deputati e senatori. «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno», gigionava Beppe Grillo a conferma che i comici in politica, a ovest come a est, non fanno ridere per niente. Infatti, la scatoletta doveva contenere qualcosa di marcio e il puzzo deve aver fatto smarrire i sensi a più di un grilletto. Sta di fatto che l’armata, un disertore dopo l’altro, è andata assottigliandosi fino alla “clamorosa” ritirata del ministro degli Esteri Gigino Di Maio e della sua pattuglietta. Ora, sappiamo chi sono, da dove vengono e anche dove sono andati i parlamentari eletti con il movimento Cinque stelle. Non è un dramma, è una farsa. Come in ogni buffonata che si rispetti, le parti si sono invertite e i nemici giurati dei Cinque stelle sono oggi i supporter entusiasti di quel Gigino che ieri ricoprivano di volgari insulti. Non è un tradimento: chi e che cosa avrebbe mai tradito un movimento che è nato, cresciuto e si è sbandato nella più grossolana confusione politica e ideologica? È un esercizio inutile, e umiliante, elencare gli astronomici dietrofront su questioni come la NATO, il PD, la Lega, la moneta unica, l’Unione ...continua a leggere "IL DISFACIMENTO DEI 339"

Il 18 giugno 2021, Adil Belakhdim, rappresentante del Sindacato Intercategoriale Cobas, veniva assassinato davanti ai cancelli del magazzino della LIDL di Biandrate, travolto da un padroncino che aveva investito il gruppo dei lavoratori in sciopero. Adil è vittima, oltre che della violenza padronale, di quello sviluppo selvaggio della logistica che ha stravolto negli ultimi decenni il volto sociale, ambientale ed economico dell’intero circondario novarese. Ieri, nel luogo dove è stato massacrato Adil, è stata apposta una lapide ricordo e, nel pomeriggio, il S.I. Cobas ha indetto un corteo che si è raccolto in largo Pastore e si è concluso nei pressi piazza Martiri dove Adil è stato ricordato dai suoi compagni di lotta. Riproduciamo il comunicato con cui il S.I. Cobas ha indetto la manifestazione di Novara: «Non si trattò di una fatalità, né di un caso isolato. Sono decine ormai gli episodi in cui gli autisti sono incitati dalle aziende a sfondare i picchetti dei lavoratori in sciopero. È una forma ...continua a leggere "ADIL, UN ANNO DOPO"

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Dalla Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana: «È terminato con un fallimento politico il IX Summit delle Americhe, organizzato dagli Stati Uniti a Los Angeles con la proibizione ad intervenire per Cuba, Venezuela e Nicaragua. Nove Paesi non hanno inviato né il presidente, né il primo ministro. Altri, come l'Argentina, il Cile, Dominica, ed il Belize pur essendo presenti hanno manifestato direttamente a Biden il loro disaccordo. Il primo ministro del Belize e attuale presidente della Caricom (Comunità dei Caraibi), John Briceño, ha definito "incomprensibile e imperdonabile" la decisione di Washington di non invitare Venezuela, Cuba e Nicaragua al IX Vertice delle Americhe. Nel suo discorso davanti al presidente degli Stati Uniti, Briceño ha assicurato che "il vertice appartiene a tutti i paesi delle Americhe. È incomprensibile isolare quei paesi che hanno fornito una forte leadership e hanno contribuito in questo emisfero su questioni critiche dei nostri tempi. Cuba ha fornito una cooperazione costante nel campo della salute a ...continua a leggere "FALLITO IL IX SUMMIT DI LOS ANGELES"

Sono stati consegnati a Cuba i presidi sanitari anticovid acquistati con la sottoscrizione promossa da Proposta comunista e dai compagni dell'Associazione Italia-Cuba. Un piccolo, gesto, una goccia nel mare, ma un segno di solidarietà internazionalista, di amicizia fra i popoli e una testimonianza che non dimentichiamo l'aiuto dato dalla brigata sanitaria cubana in Italia nei giorni in cui maggiormente imperversava l'epidemia. Mentre nella vecchia Europa sono tornate a parlare le armi degli imperialismi, delle guerre economiche e della guerra per procura  USA, ricordiamo che ci sono ben altre battaglie da ingaggiare per il progresso civile dell'umanità, la giustizia sociale e la costruzione di una società socialista. ...continua a leggere "SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALISTA CONTRO LA GUERRA DELL’IMPERIALISMO"

Cinquant’anni fa, il 16 maggio 1972, sul cantiere di lavoro di Romentino, moriva Alessandro Boca, il comandante partigiano Andrej. Il suo cuore generoso, che non aveva tremato nei combattimenti contro i nazisti e che aveva retto il dolore al sacrificio di Paolo Alleva, di Gaudenzio Pizio e di tanti altri compagni, si era fermato per sempre. Era nato il 22 novembre 1920 alla Cacciana di Fontaneto d’Agogna, una comunità impermeabile al fascismo e fiera del proprio patrimonio di lotte e ideali di giustizia sociale. Al suo interno, i comunisti si muovevano come pesci nell’acqua, “avvocati dei poveri”, che per vent’anni avevano subito senza piegarsi il carcere, il confino e le persecuzioni della dittatura. Quella di Andrej era stata un’esistenza di impegno civile e di studio, sorretta dalla volontà di imparare, prima di tutto, dal «libro della vita». Si era iscritto ai giovani comunisti il Primo maggio 1937, dedicandosi al Soccorso rosso e alla lotta clandestina negli anni bui della guerra di Spagna, quando il fascismo inscenava le prove generali dell’alleanza con la Germania nazista e della ormai imminente guerra mondiale. Aveva una bella voce e amava la musica. Suonare il mandolino o la chitarra era anche un modo per riconoscersi tra spiriti liberi, per fare amicizia e allegria in un mondo nel quale per contadini e operai c’era ben poco da rallegrarsi. Poi la musica cambiò e lo stesso Andrej, anni dopo, intitolò il giornale della sua formazione partigiana “Quando canta il mitra”. ...continua a leggere "QUANDO CANTAVA ANDREJ"

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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