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A FORZA DI ESSERE VENTO…

Ricordare l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz equivale a ricordare tutte le deportazioni, pensando al tutti coloro che hanno vissuto la terribile esperienza dei campi di sterminio, i sopravvissuti che non si sono mai stancati di raccontare che «questo è stato», e i milioni di uomini, donne e bambini che nei campi di sterminio sono stati annientati, annichiliti, uccisi. Il giorno di Auschwitz ci obbliga a ricordare la deportazione degli ebrei e tutte le altre, come quella dei Rom che caddero vittime dello stesso atroce destino. Il nazismo li dichiarò "razza inferiore” e così furono costretti all’internamento, al lavoro forzato, e, infine, allo sterminio. Per raccontare ciò che accadde si può usare una loro parola: Porrajmos oppure Samudaripen. In pochi ne conoscono il significato. Ci ricorda che, al pari della Shoah (lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti), durante la seconda guerra mondiale ci fu un altro genocidio. Quello dei rom e sinti, basato su analoghe teorie razziste. In lingua romanì, quella parlata dai rom, Porrajmos vuol dire "divoramento", "distruzione": l'annientamento di almeno 500mila persone di etnia rom e sinti nei lager dell'Europa Orientale. Ma ciò accadde anche in Italia nei campi di concentramento di Agnone, nel molisano, di Berra, nel ferrarese e nelle isole Tremiti. Furono uccisi nei territori occupati dai nazisti in Unione Sovietica e in Serbia e deportati nei campi di concentramento di Bergen-Belsen, Sachsenhausen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, Ravensbruck. Una bella canzone di Fabrizio De Andrè "Khorakhané ( A forza di essere vento)” li ricorda: «..i figli cadevano dal calendario/ Jugoslavia, Polonia, Ungheria / i soldati prendevano tutti / e tutti buttavano via…». I khorakhané ( i "lettori del Corano") sono una tribù rom musulmana di origine serbo-montenegrina. Il viaggio per i rom è necessità e tradizione, ma nella canzone di De Andrè diventa molto di più: è il simbolo stesso della libertà. La libertà è come il vento, che può viaggiare continuamente da est a ovest e da nord a sud. Ma nel vento, dopo essere stati cremati nei lager, ci finirono a centinaia di migliaia. Furono, come già ricordato, almeno mezzo milione gli Zigeuner – usando il termine dispregiativo tedesco, cioè gli “zingari”– uccisi nei campi di sterminio nazisti dagli assassini con la croce uncinata. Oltre ventimila nel solo Zigeunerlager, il campo loro riservato dentro al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944. A migliaia trovarono la morte Jasenovac, "Auschwitz dei Balcani", sulla sponda sinistra del fiume Sava, nel campo costruito nel 1941 dal regime ustascia di Ante Pavelic. Un regime nato il 10 aprile di quell’anno con il sostegno della Germania nazista e dell'Italia fascista. A quel tempo la Repubblica Indipendente di Croazia NDH, si estendeva dall'attuale territorio della Croazia - esclusa l'area occupata dall'esercito di Mussolini - alla Bosnia Erzegovina e parte della attuale Serbia. Dopo il 1945 altre persecuzioni sono seguite nei confronti di Rom e Sinti. E il mondo è rimasto a guardare, quando non ha voltato la testa altrove. Solo venti anni fa si è parlato di pulizia etnica in ex Jugoslavia, dall’altra parte dell’Adriatico, davanti a noi. E anche allora le cancellerie hanno lasciato fare, prima di intervenire. Il giorno della memoria, per essere utile, deve servire a scolpire nella nostra coscienza civile l'inaudita eredità della storia che sta alle nostre spalle, nel "secolo breve" del sangue e delle guerre. Guai ad abbassare la guardia su questi valori. Il rispetto di tutte le etnie, l'accoglienza, il loro diritto di cittadinanza, non possono essere parole vuote. Sono le nostre azioni concrete che danno un senso a ciò in cui diciamo di credere. Sono i valori scritti nella Costituzione entrata in vigore settant'anni fa, il primo gennaio del 1948. Le semplificazioni del quotidiano spesso ci allontanano dalla memoria di quel che è stato e ci inducono a sottovalutare i tanti segnali di intolleranza verso le differenze. Ricordare tutte le deportazioni serve a far sì che le nostre città siano luoghi di accoglienza e rispetto di tutti. A ognuno di noi, per ciò che può e per ciò che deve, il compito di renderlo possibile.

Marco Travaglini

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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