Nel consiglio comunale di settembre, il sindaco di Borgomanero ha dichiarato che vuole impiantare un “termovalorizzatore” per bruciare i rifiuti non riciclabili. “Termovalorizzatore” è una parola che fa meno paura di “forno inceneritore”, termine con cui, nella legge e, senza ipocrisie, in tutto il resto del mondo, si chiamano questi impianti. Naturalmente, lo vorrebbe di ultima generazione, altra parolina magica che dovrebbe rassicurare l’opinione pubblica, ma che non promette nulla di buono.
In poche parole, a Borgomanero, il forno inceneritore ancora non c’è, ma già fa disastri perché ha mandato in cenere il buon senso. Infatti, il discorso del primo cittadino era iniziato con l’annuncio del raggiungimento di un importante obiettivo da parte della cittadinanza: quasi l’80% di raccolta differenziata dei rifiuti solidi. Tutto ci si sarebbe aspettato da questa premessa tranne la proposta di un forno inceneritore!
In ogni caso, la spiegazione c’è ed è tutta nella politica e nel business. Infatti, l’assessore regionale all’Ambiente, il leghista novarese Matteo Marnati, ha reso noto ad aprile l’intenzione di realizzare in Piemonte non uno ma – abbundandis in abbundandum!, diceva Totò – ben tre nuovi forni inceneritori. Dunque, Torino batte un colpo e, finite le ferie, Borgomanero risponde. Del resto, per l’amministrazione agognina si tratta di un secondo tentativo, dopo che andò male nel 2010 quello dell’allora assessore al Bilancio, Giuseppe Cerutti. D’altra parte, l’attuale sindaco, appena messo piede a Palazzo Tornielli, tentò di nominare quest’ultimo suo consigliere esperto con facoltà di rappresentare il comune di Borgomanero (!) e, in una recente intervista su “La Stampa”, ha chiamato direttamente in causa Cerutti, vecchio mentore e precursore del progetto dell’inceneritore.
Quindi, c’entra ben poco la polemichetta contro la “politica delle discariche”, la cui gestione pesa e continuerà comunque a pesare per molto tempo sulle nostre tasche di contribuenti. La discarica di Ghemme, una delle tante “bombe ecologiche” che ci circondano, è il frutto delle scelte dissennate delle passate amministrazioni, ma l’inceneritore sarebbe un toppa peggiore del buco e non farebbe altro che aggiungere danno a danno.
- In primo luogo, i forni inceneritori non sono gratis e hanno costi enormi di costruzione e di gestione di centinaia di milioni, che ognuno di noi pagherà con la tassa sui rifiuti, la TARI, ma anche e soprattutto con il degrado ambientale, con il peggioramento della qualità dell’aria che respiriamo e della propria salute, in particolare con l’aumento del rischio di malattie dell’apparato respiratorio.
- In secondo luogo, inquinano. Producono gas serra quali la CO2, la CH4 e gli N2O, polveri, sostanze tossiche e cancerogene. In poche parole, i forni inceneritori spostano il problema dell’inquinamento dal basso all’alto, dal suolo all’aria, ma non lo risolvono affatto. Mentre una discarica può essere messa in sicurezza, non è possibile fare altrettanto con gli inquinanti dispersi nell’aria!
- In terzo luogo, hanno un bassissimo rendimento energetico. Non solo l’energia risparmiata con il recupero dei rifiuti è di gran lunga maggiore di quella prodotta dagli inceneritori, ma l’energia da questi recuperata è pari solo a un quarto di quella contenuta nei rifiuti bruciati.
- In quarto luogo, non eliminano il problema delle discariche, perché gli inceneritori producono rifiuti di combustione, scorie e polveri di filtraggio, che sono pari a circa 1/3 dei materiali entrati nell’impianto, e che devono essere portati in discarica.
- Per quanto riguarda la Regione Piemonte, la costruzione di nuovi inceneritori comporta la modifica del piano regionale approvato nel 2016. Tuttavia questo cambiamento non può avvenire strillando sui giornali e sui media come fanno l’assessore regionale e il sindaco di Borgomanero: prima, ci vuole una politica coerente, di buon senso, e magari anche il consenso della popolazione.
- Le evidenze scientifiche disponibili indicano che la diffusione del covid è favorita dalle tecniche di combustione dei rifiuti.
Quali sono allora le alternative?
- La prima è la continuazione della strada avviata con la raccolta differenziata. Dieci anni fa, nel Novarese, veniva recuperato poco più del 60% dei rifiuti solidi prodotti. Oggi, questo dato è salito fino a raggiungere quasi l’80%, con circa 100 chilogrammi / anno per abitante di rifiuto indifferenziato. L’esperimento effettuato nei quartieri di Pernate e Sud di Novara ha portato la raccolta differenziata a superare l’80% e il rifiuto indifferenziato a scendere a 40 chilogrammi / anno per abitante. Non ci sono ragioni per abbandonare questo andamento virtuoso.
- È indispensabile che la gestione del ciclo dei rifiuti sia pubblico, unica vera garanzia contro la feroce logica neoliberista del profitto a ogni costo che provoca, come ha provocato in questi anni, insicurezza e danni all’ambiente, alla salute e alla società.
- La terza consiste nel mantenere chiare le priorità da seguire nella gestione dei rifiuti: prevenzione, recupero di materia, recupero energetico e smaltimento, ma, per le ragioni esposte, laddove è possibile, il recupero di materia è sempre da privilegiare sul recupero energetico. In ogni caso, l’unico inceneritore attualmente in funzione in Piemonte è già sufficiente per far fronte alla situazione.
- La quarta, la più importante, deve puntare alla diminuzione dei rifiuti e alla modifica degli stili di vita e di consumo, abbandonando per sempre quel modello capitalistico di consumismo sfrenato e inutile che ha portato alla drammatica situazione attuale. Per fare un esempio banale, è possibile allungare di molto la vita dei beni durevoli che utilizziamo e, ancora, è possibile ripararli.
Invece, un inceneritore sarebbe uno stimolo implicito a produrre più rifiuti, un grande business sul quale le organizzazioni mafiose hanno più volte manifestato il loro interessato appetito.
PROPOSTA COMUNISTA
30 settembre 2020