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C’È PATRIOTA E “PATRIOTA”

Il 30 novembre 1943, le prime bande partigiane della Valsesia e dell’Ossola guidate dai mitici comandanti Vincenzo Moscatelli, Cino, e Filippo Maria Beltrami, il capitano, fecero una puntata sul centro industriale di Omegna. Con un sentimento misto fra lo stupore e l'entusiasmo, gli operai metallurgici e la popolazione accolsero i primi combattenti che rimasero in città fino al pomeriggio intessendo contatti preziosi, recando un po’ di conforto alle loro famiglie duramente provate dalla miseria e dalle disastrose guerre del duce, procurandosi armi e rifornimenti. Verso le ore 16, calate le tenebre invernali, quando i partigiani si erano ormai ordinatamente allontanati, giunsero i fascisti che si misero a percorrere in lungo e in largo una città deserta, urlando e sparando a casaccio su ogni ombra. Un bambino di cinque anni che giocava sul balcone di casa fu raggiunto dai proiettili dei repubblichini. Spirò poco dopo all’ospedale. Il 3 dicembre si tennero le esequie del piccolo alle quali parteciparono numerosi e senza armi molti partigiani delle vicine montagne. Nel lungo e dolente corteo funebre, durante il quale l’intera popolazione si raccolse attorno ai genitori, spiccava una corona di fiori con scritto «I patrioti non Ti dimenticheranno». E furono di parola. In queste settimane di polemiche sul futuro “presidente patriota”, tanto invocato dai neofascisti, fa bene ricordare che, in questo povero paese, ci sono stati e ci sono patrioti e “patrioti”. Fardelli d’Italia ha pensato di sfruttare per la sua campagna di tesseramento questo gran ciarlare di uno scivoloso e sanguinolento patriottismo che puzza di guerra lontano un miglio: il bel faccione glamour plastificato della Giorgia invita tutti i “patrioti” appunto a ingrossare il suo partito, a gonfiare il fardello di un passato che non passa.

La strategia è la solita: far tanto chiasso attorno a una parola, meglio se generica e polisemica, per svuotarla di significato, intorbidare le acque e condurla nel senso unico della propaganda nazionalista. Tuttavia, in quel “patrioti”, c’è anche un perverso gesto di sfregio, come fecero i fascisti nei primi anni ’70 quando chiamarono “Fronte della Gioventù” le masnade di picchiatori mandate all’assalto del movimento studentesco. Il vero Fronte della Gioventù era nato trent’anni prima ed era l’organizzazione dei giovani partigiani comunisti che diede alla Resistenza il suo migliore dirigente, Eugenio Curiel, assassinato dai repubblichini a Milano il 24 febbraio 1945. Come fecero i fascisti verso la metà degli anni ’50, quando diedero il nome di “Ordine nuovo” all’organizzazione eversiva e bombarola di Rauti. L’autentico Ordine nuovo fu il movimento gramsciano, espressione dei consigli di fabbrica torinesi del primo dopoguerra e linfa vitale del Partito comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale comunista. Lo stesso vale per “patriota”, una parola che sta proprio malissimo sulla bocca di chi nel suo dna conserva le vergogne della svendita dell’Italia all’invasore tedesco, del depredamento del nostro paese dal 1943 al 1945 da parte della Todt e dei nazisti e della riduzione nella condizione di “schiavi di Hitler” di settecentomila soldati italiani e di centinaia di migliaia di civili. Finita la guerra, i fascisti si sono rivolti all’altra sponda l’Atlantico, hanno cambiato padrone, si sono messi prima al servizio della guerra fredda anticomunista, delle trame golpiste poi e, infine, di una mai conclusa strategia della tensione i cui burattinai stanno sempre altrove. Altro che patrioti.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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