«Semel in anno licet insanire!», si diceva nella lingua internazionale di un tempo: «Almeno una volta all’anno, si può far pazzie». Gli antichi lo dicevano a proposito del carnevale, una sana festa pagana che è riuscita a resistere a duemila anni di condanne della chiesa e di mugugni dei preti. Ora, il raffronto può sembrare impietoso, ma, di fronte all’adesione del PD alla manifestazione nazionale dell’ANPI di sabato 24 febbraio, e alla presenza nel corteo di esponenti del governo, viene spontaneo esclamare: «Antifascismo? Semel in anno!», almeno una volta all’anno! Specialmente se l’anno è quello delle elezioni.
Alla buonora, la settimana scorsa, l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, il ministro alle politiche agricole Maurizio Martina e pochi altri ministri (Andrea Orlando, Graziano Delrio e Valeria Fedeli) erano saliti a Sant’Anna di Stazzema, dove il 12 agosto 1944 i nazifascisti trucidarono 560 abitanti di cui 65 bambini, per iscriversi all’anagrafe antifascista.
Dunque, tutto bene? C’è da rallegrarsi di una ritrovata unità antifascista o, secondo alcuni, addirittura di un ravvedimento operoso del governo su questo terreno vitale per la democrazia? In questi decenni, troppi pentimenti sono finiti miseramente nel fango del nulla o nella vergogna di repentine marce indietro, gravando di una nuova umiliante frustrazione quella “cultura della sconfitta” che attanaglia l’area della sinistra. Bisogna essere cauti e disillusi. E i segnali che consigliano questo atteggiamento non mancano.
Il primo è dato dalla situazione disperata in cui il PD annaspa, ottenebrato, fra un twit e l’altro, dalle tempestose nubi delle faide interne e dei sondaggi che lo danno in caduta libera. Se la nave affonda, qualsiasi salvagente è buono, anche quello dell’ANPI, contro la quale, non molto tempo fa, in occasione dello sconsiderato referendum istituzionale, questo stesso partito non esitò a scatenare una campagna indecorosa.
Il secondo segnale è imposto da alcune semplici domande: cosa hanno fatto lor signori nel corso di un’intera legislatura per prevenire la situazione di emergenza democratica a cui siamo giunti? Quali strumenti tempestivi hanno trovato i loro parlamentari per porre argine alla marea razzista e neofascista da anni montante? Cosa hanno fatto i loro ministri degli interni, i loro prefetti, i loro questori quando neofascisti e neonazisti ingrassavano all’ombra delle garanzie costituzionali, sfilavano inquadrati militarmente al suono lugubre di tamburi di morte, alzavano il saluto romano al Campo X del Monumentale, trasformavano Roma in una cloaca mafiosa, provocavano, tenevano centinaia di pubblici raduni regolarmente autorizzati e protetti dalle forze dell’ordine? Cosa hanno fatto lor signori per impedire che nelle tasche dei neofascisti finissero, sotto diverse e subdole forme, soldi e spazi pubblici, finanziamenti privati; per impedire che quei gruppi godessero di riconoscimenti politici, protezioni e di assoluta libertà per infiltrarsi nelle istituzioni e inquinare il web? Cosa hanno fatto lor signori quando gli antifascisti venivano minacciati, aggrediti, pestati, perseguitati con le stesse identiche tecniche degli anni Venti, quando gli antifascisti andavano in piazza e invece finivano denunciati o malmenati dalla polizia? Che fine hanno fatto le manifestazioni, le raccolte di firme, gli appelli, le continue esortazioni, gli allarmi preoccupati?
Infine, il terzo segnale è rappresentato dalla gran confusione, tutta demagogica ed elettoralistica, che il Gran rottamatore, del cui buon governo raccogliamo oggi i primi succosi frutti, sta facendo tra antifascismo e lotta alla violenza, che sarebbe poi la sacrosanta reazione all’assalto che il nuovo nazifascismo ha lanciato contro una democrazia progressivamente svuotata e incapace di reagire. L’antifascismo non si fa con il logoro slogan democristiano degli opposti estremismi. Qui, l’eversione viene da una parte ben identificata e di estremismo ce n’è uno solo, molto evidente e di colore nero. D’altro canto, le politiche neoliberiste praticate da questo governo e dai precedenti hanno allargato la geenna in cui sono gettati lavoratori sfruttati e privati della dignità, immigrati ridotti in schiavitù, disoccupati e giovani senza la prospettiva di un futuro, senzacasa, pensionati in miseria, ammalati abbandonati a se stessi, nuovi e vecchi poveri, i proletari di sempre. Forse, lor signori si rendono conto di essere seduti su di un vulcano che hanno contribuito a risvegliare e hanno paura che questa polveriera esploda travolgendoli, come successe in questo paese quasi un secolo fa. Sono stati sordi fino a oggi, ma quell’esplosione la sentiranno, eccome.
In questa eventualità, che i comunisti s’impegnano a combattere, saranno sempre i soliti a pagare, ma, almeno oggi, ognuno raccolga i propri stracci e rottami e si prenda le proprie responsabilità. Antifascismo? Semper!