di Marco Travaglini
Qualche anno fa, con alcuni incontri-concerto in occasione degli eventi per il “giorno della Memoria”, i piemontesi ebbero l’opportunità di conoscere la musicista e cantante Esther Loewy Béjarano che tra meno di due mesi compirà 95 anni essendo nata il 15 dicembre del 1924 a Saarlouis (a quel tempo territorio tedesco del protettorato anglo-francese della Saar) in una famiglia di musicisti di origine ebraica.
Aveva undici anni quando la sua famiglia si trasferì a Ulm, progettando l’emigrazione in Palestina. Un desiderio che, a causa del progressivo aggravarsi della situazione in Germania, non si realizzò, sfociando nel dramma della persecuzione e della deportazione. Nel 1941 i genitori di Esther e una sorella vennero imprigionati e uccisi. La ragazza, dopo un periodo in un campo di lavoro coatto fu trasferita nel campo di raccolta in Grosse Hamburger Strasse a Berlino e da lì ad Auschwitz. Nel campo di sterminio polacco a circa 60 km da Cracovia entrò a far parte dell’orchestra femminile del campo, l’unica mai esistita nei lager nazisti, che aveva il compito di accompagnare le detenute al lavoro, “accogliere” ogni nuovo arrivo di deportati e suonare per gli ufficiali delle SS ogni qualvolta lo richiedessero.
Nel libro “La ragazza con la fisarmonica”, curato da Antonella Romeo e pubblicato dalla casa editrice torinese Seb27, racconta come sia riuscita, nonostante non suonasse lo strumento, a trovare gli accordi giusti per la fisarmonica e quindi ad entrare nell’orchestrina, lei che sapeva suonare solo il pianoforte. Trasferita al campo di Ravensbrück venne impiegata nella manovalanza coatta alla Siemens.
Dopo la liberazione emigrò in Palestina, dove si affermò come cantane e insegnante di musica. Nel 1960 tornò in Germania con il marito Nissim e con i figli Edna e Joram.
Ad Amburgo insieme ad altri ex perseguitati fondò l’Auschwitz Komitee Deutschland. Nonostante l’età è stata attiva come cantante con il gruppo Coincidence, creato dalla figlia Edna nel 1988 e recentemente anche con il gruppo rap Microphone Mafia, portando sul palco un repertorio che spazia da Brecht a Theodorakis, dai testi contemporanei di denuncia sociale ai canti yiddish tradizionali e della Resistenza.
Nel corso del tour piemontese presentò diverse canzoni sul tema dell’Olocausto, tra le quali il brano “Nje Buditshe” (Non mi svegliare), un canto in lingua romanes dei Sinti e Rom di Auschwitz che aiuta a riflettere su uno dei capitoli più bui della storia: «Non mi svegliare, non voglio capire il mondo. Non voglio vedere i tormenti del mio popolo. Ragazza mia pensa solo ai bei tempi e non guardare come veniamo trattati». Esther Béjarano, con la sua testimonianza di artista libera e sopravvissuta al “buco nero della Storia” è una donna del Novecento che ha perso o abbandonato più patrie, ricominciando più volte la propria esistenza facendo leva sulla musica e sui valori che l’hanno sorretta nelle sue battaglie contro l’intolleranza, la discriminazione, l’esclusione.