Il ritorno alla “normalità” del profitto si colora ancora una volta di sangue con l’assassinio a Biandrate di Adil Belakhdim, lavoratore di origine marocchina e di cittadinanza italiana, coordinatore novarese del sindacato Si Cobas. Adil aveva 37 anni. Lascia la moglie e due figli. La sua tragica morte richiama quella dell’omicidio di un altro operaio della logistica, l’egiziano Abd El Salam, 53 anni. Abdel, impegnato nel sindacato USB, è stato ammazzato a Piacenza il 14 settembre 2016. Laureato ma costretto in Italia da 13 anni a uno dei lavori più sfruttati per poter sopravvivere, ha lasciato anche lui una vedova e cinque orfani.
Pressoché uguale la dinamica delle due tragedie: un presidio dei lavoratori, un camionista che ingrana la marcia e li travolge. L’investitore di Abdel è stato assolto, lo scorso 8 luglio, dal tribunale di Piacenza. Una sentenza amara e di classe che non può trovare replica davanti al barbaro assassinio di Adil, investito, finito sotto il pesante automezzo, maciullato e lasciato esanime dopo qualche decina di metri. Il camionista, ci è passato sopra, non si è nemmeno fermato e ha continuato la sua corsa della morte imboccando la vicina autostrada dove è stato fermato e arrestato. Di fronte a una simile fredda disumanità non ci sono giustificazioni di sorta, men che meno vale invocare la condizione di sfruttamento dei padroncini dei trasporti.
L’episodio di Biandrate ci riporta alla durezza delle lotte degli albori del movimento operaio quando i lavoratori italiani venivano massacrati in Francia, negli Stati Uniti e altrove e quando si scatenavano le più dolorose “guerre dei poveri” tra lavoratori coscienti e quelli la cui miseria morale era tanto maggiore di quella materiale da condurli a schierarsi dalla parte del padrone contro i loro fratelli. Altrettando dure, una moderna forma di schiavitù, sono le condizioni di lavoro e di vita nel settore della logistica dove, il più delle volte, non esistono orari, garanzie, sicurezza, tutele e le paghe sono letteralmente da fame. La deregolamentazione è selvaggia e gli spazi per l’inserimento delle mafie sono tutti aperti. Ieri, 18 giugno, quando è stato ammazzato Adil, era in corso uno sciopero nazionale del settore indetto dai sindacati di base più rappresentativi – Si Cobas, Adl Cobas e USB logistica – contro i licenziamenti in atto e quelli attesi con la fine del blocco decretato per il covid, contro il sistema degli appalti, per il riconoscimento dei diritti sindacali e, soprattutto, contro l’impiego delle squadracce fasciste a Tavazzano e San Giuliano milanese dove numerosi lavoratori sono stati aggrediti e feriti.
Adil è stato ammazzato davanti al polo logistico della LIDL di Biandrate. La prossima volta che andiamo a fare la spesa, varrebbe la pena di riflettere su quanto sfruttamento del lavoro è contenuto nelle merci che acquistiamo, magari attratti dalle mirabolanti campagne di sconti o dagli artifici del marketing o dalle truffe della pubblicità televisiva e on line. Pensiamoci: dietro l’etichetta, c’è il sangue di Adil e di Abdel. Dietro l’etichetta del prezzo, c’è non solo lo sfruttamento delle nostre tasche e quello dei lavoratori della GD ma anche lo sfruttamento bestiale, al di fuori delle leggi di un paese che si ritiene civile, il sudore e il dolore di decine di migliaia di lavoratori.
A Biandrate e nella periferia di Novara, dove si sono sviluppati negli ultimi decenni i giganteschi impianti della logistica, c’erano le risaie. Un terreno fertile, un ambiente frutto di secoli di lavoro umano, magari inquinato dall’uso dissennato di pesticidi e fertilizzanti, che è andato irrimediabilmente perso. C’è stato uno stravolgimento del territorio e dell’economia locale voluto e freddamente pianificato da una ventina d'anni a questa parte dagli industriali, dai grandi gruppi finanziari e imprenditoriali, dai partiti di governo i cui costi umani e sociali saranno sempre più insopportabili. Andavano raccontando agli abitanti di Biandrate, dove nel gigantesco logistic park si sono subito annidate la LIDL e la Esselunga, che sarebbero diventati tutti ricchi e che l’arrivo dei nuovi investimenti e di migliaia di addetti avrebbe avuto un effetto di trascinamento formidabile sull’economia locale. Invece, il boccone era avvelenato: sono arrivati i nuovi schiavi che non hanno né il tempo né il denaro per un caffè. Si è diffusa anche una leggenda. Nient’altro che una leggenda ma qualcuno, una decina d’anni fa, raccontava che questi disperati erano così poveri da essere costretti a dormire nel cimitero del paese.